Orari SS. Messe

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VI domenica di Pasqua: Pregherò il Padre e vi darà un altro Paràclito. (video immagini)

Domenica 17 maggio la liturgia ci presenta Gesù che ci assicura di non lasciarci soli.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 14,15-21)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Dal “Commento sul vangelo di Giovanni” di sant’Agostino, vescovo. (Tratt. 82,1-3)
In tanto amiamo Cristo in quanto osserviamo i suoi comandamenti

Richiamando con insistenza l’attenzione dei discepoli sulla grazia che ci salva, il Salvatore dice: Ciò che glorifica il Padre mio è che portiate molto frutto; e così vi dimostrerete miei discepoli (Gv 15, 8). (…) E’ gloria presso Dio quella in cui viene glorificato, non l’uomo, ma Dio; poiché l’uomo è giustificato non per le sue opere ma per la fede; poiché è Dio che gli concede di operare bene. Infatti il tralcio, come ho già detto precedentemente, non può portar frutto da se stesso. Se dunque ciò che glorifica Dio Padre è che portiamo molto frutto e diventiamo discepoli di Cristo, di tutto questo non possiamo gloriarcene, come se provenisse da noi. E’ grazia sua; perciò sua, non nostra, è la gloria. Ecco perché, in altra circostanza, dopo aver detto ai discepoli: Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre buone opere, affinché non dovessero attribuire a se stessi queste buone opere, subito aggiunge: e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli (Mt 5, 16). Ciò che glorifica, infatti, il Padre è che produciamo molto frutto e diventiamo discepoli di Cristo. E in grazia di chi lo diventiamo, se non di colui che ci ha prevenuti con la sua misericordia? Noi infatti siamo opera sua, creati in Cristo Gesù per compiere le opere buone (cf. Ef 2, 10). Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi: rimanete nel mio amore (Gv 15, 9). Ecco l’origine di tutte le nostre buone opere. Quale origine potrebbero avere, infatti, se non la fede che opera mediante l’amore (cf. Gal 5, 6)? E come potremmo noi amare, se prima non fossimo amati? Lo dice molto chiaramente, nella sua lettera, questo medesimo evangelista: Amiamo Dio, perché egli ci ha amati per primo (1 Io 3, 19). L’espressione poi: Come il Padre ha amato me così anch’io ho amato voi, non vuole significare che la nostra natura è uguale alla sua, così come la sua è uguale a quella del Padre, ma vuole indicare la grazia per cui l’uomo Cristo Gesù è mediatore tra Dio e gli uomini (cf. 1 Tim 2, 5). E’ appunto come mediatore che egli si presenta dicendo: Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. E’ certo, infatti, che il Padre ama anche noi, ma ci ama in lui; perché ciò che glorifica il Padre è che noi portiamo frutto nella vite, cioè nel Figlio, e diventiamo così suoi discepoli.
Rimanete nel mio amore. In che modo ci rimarremo? Ascolta ciò che segue: Se osservate i miei comandamenti – dice – rimarrete nel mio amore (Gv 15, 10). E’ l’amore che ci fa osservare i comandamenti, oppure è l’osservanza dei comandamenti che fa nascere l’amore? Ma chi può mettere in dubbio che l’amore precede l’osservanza dei comandamenti? Chi non ama è privo di motivazioni per osservare i comandamenti. Con le parole: Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore, il Signore non vuole indicare l’origine dell’amore, ma la prova. Come a dire: Non crediate di poter rimanere nel mio amore se non osservate i miei comandamenti: potrete rimanervi solo se li osserverete. Cioè, questa sarà la prova che rimanete nel mio amore, se osserverete i miei comandamenti. Nessuno quindi si illuda di amare il Signore, se non osserva i suoi comandamenti; poiché in tanto lo amiamo in quanto osserviamo i suoi comandamenti, e quanto meno li osserviamo tanto meno lo amiamo. Anche se dalle parole: Rimanete nel mio amore, non appare chiaro di quale amore egli stia parlando, se di quello con cui amiamo lui o di quello con cui egli ama noi, possiamo però dedurlo dalla frase precedente. Egli aveva detto: anch’io ho amato voi, e subito dopo ha aggiunto: Rimanete nel mio amore. Si tratta dunque dell’amore che egli nutre per noi. E allora che vuol dire: Rimanete nel mio amore, se non: rimanete nella mia grazia? E che significa: Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore, se non che voi potete avere la certezza di essere nel mio amore, cioè nell’amore che io vi porto, se osserverete i miei comandamenti? Non siamo dunque noi che prima osserviamo i comandamenti di modo che egli venga ad amarci, ma il contrario: se egli non ci amasse, noi non potremmo osservare i suoi comandamenti. Questa è la grazia che è stata rivelata agli umili mentre è rimasta nascosta ai superbi.

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