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Scuola di preghiera: Lectio divina sul Padre nostro

Giovedi 19 gennaio 2012

In questo incontro don Paolo si sofferma sulle prime due parole della preghiera: “Padre” e “nostro“.

Si inizia con la richiesta di perdono per i nostri peccati.

(CANTIAMO TE) 

Ci disponiamo all’ascolto del Vangelo, cercando di mettere in moto la nostra “memoria biblica”: la nostra attenzione si allarga anche ad altri passi della Scrittura.

(ALLELUIA) 

Mt 5, 43 – 48 / Mt 6, 7 – 13 / Gv 13, 1 – 5

Dopo l’ascolto dei tre brani, in silenzio, lettura e rilettura  personale dei medesimi.

Meditazione : portiamo con coraggio davanti al Signore la nostra personale situazione, confrontiamo la nostra vita con la Parola appena ascoltata. Interroghiamoci: vivo veramente l’annuncio di Cristo? come entrano le parole di Gesù nella mia vita di ogni giorno? credo veramente a ciò che il Signore mi dice?

(TU MI PARLI) 

Commento di don Paolo tratto dalle meditazioni del Papa in “Gesù di Nazareth”.

-Iniziamo con l’invocazione “Padre“. Nalla sua interpretazione del Padre nostro Reinhold Schneider scrive a questo proposito:”Il Padre nostro inizia con una grande consolazione; noi possiamo dire Padre. In questa sola parola è racchiusa l’intera storia della redenzione. Possiamo dire Padre, perché il Figlio era nostro fratello e ci ha rivelato il Padre; perché per opera di Cristo siamo tornati ad essere figli di Dio”.

L’uomo di oggi, però, non avverte immediatamente la grande consolazione, poiché l’esperienza del padre è spesso o del tutto assente o offuscata dall’insufficienza dei padri. Così dobbiamo imparare, a partire da Gesù, innanzitutto che cosa “padre” propriamente significhi. Nei discorsi di Gesù il Padre appare come la fonte di ogni bene, come il criterio di misura dell’uomo divenuto retto [perfetto] (Mt 5,44s). L’amore sino alla fine (cfr. Gv 13,1), che il Signore ha portato a compimento sulla croce pregando per i suoi nemici, ci mostra la natura del Padre: Egli è questo Amore. Poiché Gesù lo pratica, Egli è totalmente Figlio e ci invita a diventare a nostra volta figli – a partire da questo criterio.

Guardando ancora meglio, scopriamo che, secondo il messaggio di Gesù,l’essere Padre presenta per noi due dimensioni.Dio è innanzi tutto il nostro Creatore: quindi, in quanto creature, gli apparteniamo. Ogni uomo è voluto da Dio e Lui conosce ciascuno singolarmente: in questo senso, l’uomo è in modo speciale “figlio” di Dio. Il Salmo 33,15, secondo la traduzione latina, dice: “Egli che ha plasmato i cuori di tutti […] fa attenzione a tutte le loro opere”. […] Dire che l’uomo sia immagine di Dio è un altro modo per esprimere questo pensiero.

 Questo ci conduce alla seconda dimensione della paternità di Dio.Cristo è in modo unico “immagine di Dio” (cfr. 2 Cor 4,4; Col 1,15). In base a ciò i Padri della Chiesa dicono che Dio, quando creò l’uomo “a sua immagine”, guardò in anticipo a Cristo e creò l’uomo a immagine del “nuovo Adamo”, dell’Uomo che è il canone dell’umanità. Soprattutto, però, Gesù è il Figlio in senso proprio – è della stessa sostanza del Padre.

La filiazione è un concetto dinamico: noi non siamo ancora “figli” in modo compiuto, siamo chiamati a diventarlo mediante una sempre più profonda comunione con Gesù, vivendo da figli la nostra relazione col Padre. Viene superato così anche quel desiderio di falsa emancipazione che sta all’origine del peccato:  “essere figli” non significa dipendenza, ma relazione d’amore che dà senso e grandezza all’esistenza umana.

Riflettiamo sulla seconda parola: “nostro“.

Solo Gesù poteva dire “Padre mio” a pieno diritto, perché solo Lui è davvero il Figlio unigenito di Dio, della stessa sostanza del Padre. Noi tutti dobbiamo invece dire: “Padre nostro”. Solo nel “noi” dei discepoli possiamo dire “Padre” a Dio. Questa parola è decisamente impegnativa, ci chiede di uscire dal recinto chiuso del nostro “io”, di entrare nella comunità degli altri figli di Dio, di abbandonare ciò che è soltanto nostro, ciò che separa, di accogliere l’altro, gli altri, di aprire il nostro orecchio,il nostro cuore. Con questa parola “nostro” diciamo “sì” alla Chiesa vivente, nella quale il Signore ha voluto raccogliere la sua nuova famiglia. Così il “Padre nostro” è una preghiera molto personale e, insieme, pienamente ecclesiale: preghiamo totalmente col nostro cuore, ma in comunione con l’intera famiglia di Dio. Il “Padre nostro” fa di noi una famiglia al di là di ogni confine. 

(MIA GIOIA SEI) 

Contemplazione  Ora dalla meditazione e dall’ascolto nascono la lode e il ringraziamento, personale e comunitario, nasce il proposito di aderire pienamente  e con gioia alla chiamata del Signore.

(PADRE NOSTRO)

 

 

 

 

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