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Ici e Chiesa

Cei-governo, intesa vicina per regolare i nodi Ici-Chiesa
di Paolo Zuccolini

(in “Corriere della Sera” del 9 gennaio 2012)

Vi ricordate la polemica, a tratti aspra, che si scatenò all’inizio di dicembre sull’Ici ai beni della Chiesa? Dopo la vivace discussione che suggerì all’Avvenire di intervenire più volte sulla materia, il governo e la Conferenza episcopale non hanno messo da parte il dossier. Al contrario lo hanno lavorato con una certa convinzione. Tanto che si è ormai vicini ad un accordo che fisserà nuove regole. Non c’è ancora una data per la firma ufficiale, ma potrebbe essere stabilita nei prossimi giorni perché il premier Mario Monti e il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, si sono già sentiti varie volte sull’argomento e l’intesa è vicina. La soluzione che si sarebbe individuata per le strutture «miste» passa per l’attribuzione dell’Ici alla sola parte degli immobili che viene utilizzata ai fini commerciali (e quindi di lucro) mentre resterà esente quella che si adopera per motivi religiosi e sociali. Una novità importante dato che la legge approvata nel 2006 aveva di fatto allargato l’esenzione a tutti gli edifici di proprietà ecclesiastica «non esclusivamente commerciali». In altre parole, mentre fino ad oggi bastava avere anche una piccola parte dedicata ad attività «non commerciali» per puntare all’ottenimento dell’esenzione, in futuro i parametri saranno diversi.

Com’è noto, non si parla nè del Vaticano, nè degli edifici che gli sono stati assegnati dai Patti Lateranensi. E neanche di parrocchie, oratori e, più in generale, di strutture a valore sociale e assistenziale, che continueranno a non pagare l’Ici (ora Imu). Quelle che svolgono attività commerciale, ad esempio di tipo alberghiero, dovrebbero già pagare la tassa, ma l’esistenza di non poche zone grigie, ha spinto lo stesso cardinal Bagnasco, che segue da vicino il dossier in quanto presidente della Cei, a dichiarare a inizio dicembre di essere pronto a «valutare la chiarezza delle norme» che regolano la materia «senza pregiudiziali» aggiungendo: «Se c’è un abuso è giusto che sia accertato e abbia fine».
Con questo spirito sono stati avviati colloqui che, data la delicatezza della materia, hanno visto come principali protagonisti direttamente il presidente del Consiglio e lo stesso cardinale. Spinti anche da un’urgenza dettata dall’Europa. I radicali hanno infatti presentato un ricorso alla Corte di Giustizia di Lussemburgo e la Commissione, che sta compiendo una verifica sulla congruità tra la legge italiana del 2006 e le direttive comunitarie sulla concorrenza, dovrebbe pronunciarsi entro la metà di quest’anno. L’intenzione è quella di giungere al più presto ad una nuova definizione della
materia, in maniera concordata.

L’accordo si dovrebbe basare proprio sul criterio della «percentuale» dell’immobile da pagare in quanto «adibita a fini commerciali». Ovviamente le difficoltà pratiche abbondano, non ultima quella degli estimi catastali da attribuire a strutture che prima non rientravano in alcuna categoria. Per questo i Comuni italiani, in collaborazione con la Cei, sono stati già attivati per elaborare un censimento di tutti gli immobili ecclesiastici che potrebbero essere sottoposti all’Ici-Imu. Per ultimarlo si prevedono tempi lunghi, ma nel frattempo nulla vieta di giungere ad un accordo formale che fissi nuovi criteri. Si pensa di approfittare di alcuni eventi per annunciarlo. Troppo presto forse (e per certi versi improprio perché si tratta di un rapporto che non riguarda la Santa Sede ma Chiesa e governo italiani) per l’udienza tra Monti e Benedetto XVI, prevista per sabato 14 gennaio. Molto più probabile invece per il tradizionale ricevimento annuale all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, che si tiene a metà febbraio in ricordo dei Patti Lateranensi e del secondo Concordato con lo Stato italiano, quello firmato nel 1984 da Bettino Craxi.

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