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Correzione fraterna

Correzione fraterna: il cuore può più delle parole
Il più inascoltato dei profeti inviati da Dio per risvegliare gli uomini alla responsabilità della conversione, è stato Gesù stesso. A differenza di ogni altro profeta, tuttavia, Gesù sapeva quello che c’è nel cuore di ogni uomo, e vi leggeva non solamente i peccati commessi, ma anche la sua fragilità e quelle ferite profonde che spiegano spesso certi comportamenti, razionalmente “incomprensibili”. Eppure, in molti casi, non solo le parole del Signore non sono state ascoltate (in primo luogo dai sacerdoti), ma nemmeno i suoi miracoli sono bastati per credere che Egli era veramente il Figlio di Dio.

Emblematico è il caso della guarigione del paralitico alla piscina di Betzatà: scrive Giovanni che “…per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio (Gv 5,18).

Alla luce di tutto ciò, si pone un realistico interrogativo: la correzione fraterna, è realmente cosa possibile?

L’esperienza più comune, al riguardo, è che essa è cosa talmente ardua e delicata da sembrare impraticabile, soprattutto all’interno delle comunità dei credenti. Accade, spessissimo, ciò che prevede il Signore:..e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano (Mt 18,17).

Il significato di questa conclusione, tuttavia, non è la rassegnazione (“tanto, non c’è niente da fare”), bensì come una speranza purificata, quasi Gesù dicesse: “arrivato a questo punto, cerca di amare il tuo fratello proprio a partire dalla sua condotta, segno di una sofferenza profonda; per essa, in questo momento, si ritrova incapace di ascoltare e di cambiare”.

L’emotivismo è una sorta di cataratta, acuta o cronica, che impedisce alla coscienza il giusto discernimento sulla verità della propria vita, rendendo molto difficile quella correzione fraterna che, se ascoltata, sarebbe apportatrice di pace e riconoscenza perenni. Ma è anzitutto necessaria quella primordiale “correzione fraterna” che è data dalla semplice presenza amorevole accanto alla persona sofferente. Il cuore spesso, corregge più delle parole.

E’ anche vero che l’insuccesso di una giusta correzione fraterna, molte volte è dovuto alla modalità infelice con cui viene attuata, rivelata dallo sguardo di chi parla, prima ancora che dal tono o dal contenuto delle sue parole. Altre volte, tuttavia, nonostante l’atteggiamento sincero di accoglienza con cui ci si avvicina al fratello che sta sbagliando, il rifiuto non muta, ed è giusto rispettare dolorosamente il mistero imperscrutabile della persona.

Per ciò, mentre è sicuro che l’amore non fa alcun male al prossimo (Rm 13,10), non è detto che riesca lì per lì a fargli quel bene di cui ha bisogno.

Che, a questo punto, ogni cosa sia da rimettere a Colui che, unico, conosce il cuore dell’uomo e può illuminarne la coscienza, lo fa intendere Gesù stesso dicendo:In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in cielo (Mt 18,18), parole che si riferiscono anche a quell’incontro nel sacramento della Confessione, nel quale il fratello che sta sbagliando, se riconoscerà il suo peccato, sarà corretto direttamente ed efficacemente da Dio, mediante la luce e la grazia dell’assoluzione sacramentale.

Concludendo, Paolo ci fornisce la regola d’oro da adottare in qualunque situazione ci si trovi di correzione fraterna “impossibile”. Il contesto delle sue parole riguarda il rapporto dei cristiani di allora con le autorità civili, tuttavia il messaggio acquista per noi una luce profonda:Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole (Rm 13,8). Cosa vuol dire? Che comunque, anche verso il fratello che mi fa soffrire, sono e sarò sempre debitore di quei diecimila talenti d’amore e di perdono che a me per primo sono stati condonati dal Signore Gesù (Mt 18,21-35).

Paolo ci fa capire che il debito da riconoscere non è tanto quello del fratello che ha mancato verso di noi, quanto il nostro verso di lui. Infatti egli si trova in una carenza d’amore a causa della quale si è comportato come si è comportato, e, senza il calore della carità, la luce della verità non può da sola diradare la nebbia che grava sulla sua coscienza.

 

(da omelia di padre A. Del Favero)

http://www.zenit.org/

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