“La vera preghiera, quella che noi siamo, a livello della nostra esistenza profonda, non può essere che il frutto della conversione. E’ lì che sfocia il cammino di conversione.
La preghiera deve nascere dalla conversione. Dapprima questa sgorga ancora dal profondo dell’angoscia, sfoga la propria miseria. E’ grido di aiuto, implorazione di perdono. Ma più inonda il cuore con il suo fluire incessante, più si pacifica e si riconcilia con il peccato. O piuttosto essa finisce per distogliere lo sguardo dalla propria debolezza per fissare unicamente il volto della misericordia.
Il pentimento si tramuta allora, a poco a poco, in una gioia umile e discreta, in timore amoroso, e infine in azione di grazie. La colpa non è negata, non è scusata, ma si converte in perdono.
Là dove abbondava il peccato, la grazia non cessa di sovrabbondare (cfr Rm 5,20). Tutto ciò che il peccato aveva distrutto, la grazia lo riporta a un incomparabile splendore. Se la preghiera porta ancora i segni della colpa e della miseria, si tratta ormai di una felix culpa, di una colpa assunta e avvolta dall’amore. La preghiera allora è prossima a divenire incessante eucarestia”
Louf, Pentimento ed esperienza di Dio
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