Il Cristo è il nostro pane. Possiamo chiederlo solo per il momento presente. Infatti egli è sempre alla porta della nostra anima: vuole entrare, ma senza violare il nostro consenso. Se acconsentiamo, egli entra; appena non vogliamo più, se ne va.
Non possiamo vincolare oggi la nostra volontà di domani, stabilire un patto con lui oggi affinchè domani sia in noi anche nostro malgrado. Il nostro consenso alla sua presenza coincide con la sua presenza.
Noi abbiamo bisogno del pane. Siamo esseri che senza sosta attingono l’energia dall’esterno. Se questa energia non viene rinnovata quotidianamente, perdiamo le forze e non riusciamo più a muoverci.
Oltre al nutrimento vero e proprio tutti gli stimoli sono per noi fonte di energia. Il denaro, la carriera, la considerazione altrui, le onorificienze, la fama, il potere, gli esseri che amiamo, ogni cosa che travasi in noi una qualche capacità di agire equivale a un po’ di pane. Se uno di questi attaccamenti penetra in noi abbastanza in profondità la privazione può spezzarci e addirittura causare la nostra morte. E’ quel che si dice morire di dolore. E’ come morire di fame. Tutti gli oggetti dei nostri attaccamenti costituiscono, insieme al nutrimento vero e proprio, il pane di quaggiù.
Dipende solo dalle circostanze che ci venga accordato o meno. E riguardo alle circostanze, non dobbiamo chiedere altro se non che siano conformi alla volontà di Dio. Non dobbiamo chiedere il pane di quaggiù.
Simone Weil, L’attesa di Dio
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